Elezioni politiche 2022, le sfide per il nuovo governo sul fronte immobiliare

Il presidente di Confedilizia: “La politica deve comprendere che il comparto immobiliare, se lasciato libero di esprimere le proprie potenzialità, è un motore di crescita, sviluppo e occupazione”

Si avvicinano le elezioni politiche 2022. La crisi di governo e le dimissioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, hanno portato al voto anticipato. Si andrà alle urne il 25 settembre 2022. Tante le sfide difficili e importanti che il nuovo governo dovrà affrontare. Quali i nodi da sciogliere sul fronte immobiliareidealista/news lo ha chiesto al presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.

Il 25 settembre 2022 si andrà a votare. Per quanto riguarda il settore immobiliare, quali sono a suo avviso i temi e i problemi che il nuovo governo dovrà assolutamente affrontare?

Una prima questione, tanto per cambiare, è quella fiscale. Occorre dare subito un messaggio di fiducia al settore attraverso misure – anche non di portata rilevantissima dal punto di vista dei costi – ma che siano comprese e apprezzate. Ne indico tre:

1. Introduzione della cedolare secca per le locazioni non abitative. Nel 2019, un primo passo in questa direzione era stato fatto, ma molto timido. Si varò una cedolare per i soli negozi, con un limite di metratura, ed esclusivamente per i contratti stipulati in quell’anno. Ora va realizzata una misura più estesa, mi verrebbe da dire più coraggiosa, se non fosse che di coraggio non vi sarebbe in realtà bisogno, tanto è certo che una semplificazione con contestuale riduzione della tassazione sugli immobili ad uso non abitativo affittati porterebbe benefici all’intera economia, favorendo l’apertura di nuove attività (commerciali, artigianali, di servizi ecc.) e conseguentemente restituendo decoro e sicurezza alle tante zone d’Italia colpite dalla piaga dei locali sfitti.

2. Riduzione dell’Imu. La proprietà immobiliare sopporta ogni anno una patrimoniale da 22 miliardi di euro. Non è più sopportabile. Bisogna cominciare a ridurla. Si può farlo gradualmente, partendo da alcune categorie di immobili: quelli situati nei piccoli centri (se si eliminasse nei Comuni fino a tremila abitanti, l’onere sarebbe limitato, 800 milioni di euro); quelli inagibili e inabitabili; quelli sfitti.

3. Eliminazione della tassazione dei canoni di locazione non abitativa non percepiti. Si tratta di una vera e propria vessazione fiscale, che negli affitti abitativi è stata risolta, pur con qualche complicazione procedurale, ma che perdura nel resto delle locazioni. E’ una questione di civiltà giuridica, non si può tollerare ulteriormente il sopruso di veder tassato un reddito che non c’è.

Al di là del fisco, vi è poi urgenza di varare misure per, da un lato, dare più libertà di manovra alle parti nella stipula dei contratti di locazione commerciale, ancora incatenati a una legge preistorica come la 392 del 1978 (che si avvia a compiere mezzo secolo), e, dall’altro, accrescere le tutele dei proprietari nelle fasi di conclusione dei contratti di locazione, per fine della durata contrattuale o per morosità.

Va poi elaborato un sistema equilibrato e stabile di incentivi per interventi sugli immobili. Uno dei difetti del superbonus 110% – misura (eccezionale) apprezzabile per molti versi, anche se imperfetta – è stato quello di far dimenticare che in Italia gli incentivi (non mi piace il termine bonus, del tutto inappropriato) esistono da ormai un quarto di secolo, visto che risale al lontano 1997 l’introduzione della detrazione Irpef del 36% per i lavori di ristrutturazione. Occorre superare la sbornia da superbonus e mettere ordine alla materia. Non dimenticando che fra pochi mesi, se non settimane, il Parlamento europeo approverà una direttiva che – se non modificata (come Confedilizia sta chiedendo di fare, anche attraverso l’Unione internazionale della proprietà immobiliare-Uipi, nella quale rappresenta l’Italia) – imporrà agli Stati della Ue di introdurre un obbligo di realizzazione di interventi di efficientamento energetico su tutti gli edifici esistenti. Obbligo che, in un Paese di piccoli risparmiatori del mattone, sarebbe devastante, specie se non accompagnato da adeguate misure di sostegno economico”.

Quali sono le opportunità e quali sono i rischi per il settore derivanti da questa fase politica?

“Nella fase che precede le elezioni ci sono alcuni rischi,ma anche tante opportunità. I rischi sono legati a una certa irresponsabilità diffusa che si percepisce in Parlamento: Governo dimissionario, partiti in lotta fra di loro, tanti decreti-legge all’esame e conseguente pericolo di norme frutto di pressioni di categorie aggressive, di demagogia, di superficialità. O di tutti questi fattori messi insieme.

Le opportunità consistono nella possibilità di illustrare a chi si candida a governare l’Italia – sperando che a farlo sarà una maggioranza politica definita e coesa e non un’accozzaglia di partiti diversissimi, ma uniti da formule come ‘unità nazionale’ e simili – i problemi e le istanze di un settore. E’ quello che Confedilizia sta già provando a fare con riferimento alla proprietà edilizia e al comparto immobiliare in genere”.

La difficile situazione economica che il nostro Paese sta attraversando quale impatto rischia di avere sul settore immobiliare?

“La crisi economica riguarda tutti, settore immobiliare compreso, naturalmente. Sotto vari profili. Uno è quello del mercato della compravendita. Dopo qualche segnale di ripresa, in gran parte dovuto a un effetto rimbalzo seguito ai periodi di lockdown o di forti limitazioni – c’è il rischio di un nuovo forte rallentamento, anche per via del rialzo dei tassi dei mutui.

Nel mercato degli affitti, come già accaduto per la pandemia, la crisi delle attività economiche diventa immediatamente crisi dei proprietari-locatori, per ovvie ragioni.

Poi c’è il mondo della proprietà diffusa, quella condominiale in particolare, dove si percepisce con chiarezza la difficoltà delle famiglie nel fare fronte all’aumento del costo dell’energia.

Insomma, la situazione è seria, ma la politica deve comprendere che il comparto immobiliare, fatto di individui e di imprese, se lasciato libero di esprimere le proprie potenzialità è un motore di crescita, di sviluppo e di occupazione, che consente più di ogni altro settore di portare rapidamente in positivo i segni meno dell’economia”.

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