LESIONE DEL DECORO ARCHITETTONICO CONDOMINIALE: LA VALUTAZIONE NON SPETTA AL COMUNE

La vicenda in esame ruota attorno al significato di decoro architettonico, un concetto che, in realtà, non ha una precisa definizione nel codice civile, dando così adito a diverse interpretazioni in base al caso concreto.

Che cos’è il decoro architettonico?

Per “decoro architettonico del fabbricato” deve intendersi l’estetica dell’edificio costituita dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico (Cass. Civ. sez. II, n.1718 del 29/01/2016).

Tale premessa è necessaria al fine di comprendere la decisione presa dal Consiglio di Stato con la pronuncia n. 6345 del 17 settembre 2021.

La vicenda

Il proprietario di un immobile sito in un condominio presentava diverse SCIA per una serie di interventi che voleva realizzare nel proprio appartamento, per citarne alcuni:

  • chiusura della veranda coperta che affaccia nel cortile interno;
  • realizzazione di una canna fumaria allocata lungo tutto il muro perimetrale del fabbricato che si affaccia sul cortile interno.

Il Comune rilevava come i suddetti interventi non avrebbero potuto essere assentiti per mancanza del consenso unanime dei condomini, considerando non sufficiente l’assenso a maggioranza dei condomini, in quanto le opere in questione consisterebbero, dal punto di vista civilistico, in una innovazione lesiva del decoro architettonico dell’edificio ex art. 1120 c.c..

Tale provvedimento veniva, quindi, impugnato dal proprietario il quale vedeva però rigettata la propria domanda dal TAR, giungendo così sino al Consiglio di Stato.

 

Le motivazioni del singolo condomino

Per convincere i giudici, il condomino proprietario evidenziava che lo stabile condominiale aveva una sagoma del tutto disarmonica per la presenza di verande, balconi chiusi e altri interventi che erano stati realizzati nel tempo dai proprietari degli altri appartamenti.

Inoltre, sotto altro profilo, a conferma della legittimità delle opere, rimarcava che queste erano state autorizzate con una valida delibera condominiale assunta a maggioranza ed eccependo che la mancanza dell’unanimità dei consensi non poteva essere considerato alla stregua di un requisito necessario per la concessione del titolo edilizio.

Il Comune non valuta il decoro architettonico condominiale

Il Consiglio di Stato adito, valutate complessivamente tutte le prove prodotte, si pronunciava a favore del singolo proprietario, ribaltando così la decisione del TAR.

Secondo i Giudici, al Comune non è consentito, in sede di rilascio del titolo richiesto (SCIA, CILA, etc…), valutare aspetti prettamente condominiali che non appaiono per nulla pacifici o, comunque, che non sono di immediata evidenza.

Difatti, se è vero che il Comune non può esimersi dal verificare il rispetto, da parte dell’istante, dei limiti privatistici sull’intervento proposto, è altrettanto vero che questo vale solo nel caso in cui tali limiti siano realmente conosciuti o immediatamente conoscibili e/o non contestati, di modo che il controllo da parte del Comune si traduca in una mera presa d’atto, senza necessità di procedere a un’accurata e approfondita disamina dei rapporti tra privati, tanto che la concessione stessa è rilasciata sempre salvo diritti dei terzi (Cons. Stato, Sez. VI 26 gennaio 2015 n. 316 e 20 dicembre 2011 n. 6731).

Sulla scorta delle predette motivazioni, il Consiglio di Stato accoglieva quindi il ricorso presentato dal singolo condominio, sul presupposto che l’amministrazione aveva esorbitato dai propri poteri per essersi di fatto sostituita ai condomini nella valutazione riguardante il decoro architettonico della facciata.

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